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Channel: G. MARCONI » federica di perna
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La mia esperienza: adolescente nel 2021.

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Buongiorno a tutti,
mi presento, sono una giovane ragazza di nome Federica, frequento la classe 3 B della scuola secondaria di primo grado e in quest’anno anno scolastico 2020/21 mi preparo a sostenere gli esami, alla fine di un biennio che resterà tristemente famoso. Gli esami si svolgeranno nei prossimi mesi  e io mi sto preparando a frequentare le scuole superiori. Scrivo questa lettera, per dare la mia testimonianza del momento difficile che la mia generazione si è trovata ad affrontare e che ancora oggi sta vivendo.

Ricordo ancora quando del Coronavirus si parlava solamente in TV, come se fosse una cosa lontana da noi, un problema che riguardava solo la Cina. Le professoresse ci rassicuravano e, sentendoci parlare di questo virus ancora sconosciuto, ci  rassicuravano e, per non allarmarci, dicevano che la cosa non ci avrebbe toccato. Tutto invece è successo da un momento all’altro, non c’è stato modo di prepararci all’evento. Sono rientrata da scuola il 4 marzo 2020 e mentre preparavo i compiti per il giorno successivo,  una strana e inattesa notizia in TV ci diceva che “l’Italia sarebbe entrata in lockdown”. Arrivò subito dopo la comunicazione che tutte le scuole d’Italia erano state chiuse e che le lezioni sarebbero continuate in DAD (Didattica a Distanza), un metodo a noi sconosciuto. Il Covid-19 aveva appena rivoluzionato le nostre vite. Abbiamo dovuto giorno dopo giorno sperimentare cose nuove e rimetterci in gioco assieme ai nostri docenti. Abbiamo dovuto imparare a usare diverse app e dispositivi che anche  la scuola ci ha fornito. Sperando di poter tornare in classe, abbiamo continuato la DAD e a giugno abbiamo finito l’anno scolastico tranquillamente, anche se non eravamo riusciti a tornare in classe.

Ora sapevamo cosa poteva aspettarci il prossimo anno: la DAD, un’ottima soluzione al problema della chiusura, ma una soluzione che non rende l’essenza della scuola. La scuola è un insieme di cose: presenza, relazioni sociali, comunicazione e per questo il Governo ha dovuto prendere delle decisioni in merito alla loro riapertura.

Conclusa l’estate infatti le cose stavano migliorando e del Coronavirus quasi non si parlava più. Ricordavamo ancora quei mesi deprimenti, ma speravamo un futuro roseo per l’anno scolastico che ci aspettava. A settembre siamo rientrati a scuola, ma la cosa non è stata molto piacevole. tutti gli studenti d’Italia, come me,  hanno notato subito dei cambiamenti: i banchi erano disposti in modo diverso, un flacone da circa un litro di amuchina era posizionato sopra la cattedra dell’insegnante e dei cartelloni con delle istruzioni da seguire erano posti sulle pareti. Ci siamo seduti e le professoresse ci hanno chiarito le nuove regole: non potevamo alzarci per nessun motivo e dovevamo rispettare i posti che ci erano stati assegnati, dovevamo tenere la mascherina tutto il tempo, infine non potevamo passarci o prestarci il materiale scolastico. Io e i miei compagni eravamo contenti di tornare a scuola, ma molto meno di rispettare quelle regole. Le finestre erano sempre aperte e per questo avevamo molto freddo, in più tenendo le mascherine non si riusciva nemmeno a respirare. I collaboratori scolastici, addetti alla custodia e alla pulizia dell’ambiente scolastico, avevano il compito di sanificare tutte le classi e i bagni dopo le lezioni giornaliere. Dopo qualche mese si sono verificati i primi casi di Coronavirus anche nel mio piccolo paesino, Ragalna e quindi anche a scuola. Tutte le palestre sono state chiuse e così si è cominciato a temere un nuovo lockdown. Come stavo dicendo… Ci sono stati anche dei casi a scuola e  nessuno meglio di me ve lo può raccontare: infatti uno di quei casi ero proprio io!
Un piccolo test… ed ecco qui che la paura di aver compiuto un gesto sbagliato ti assale. Quel posto dove sempre hai vissuto delle belle emozioni ora ti fa paura. Poi improvvisamente l’esito ti rileva che sei positiva al Covid-19, l’isolamento ti fa paura ed è una paura che assale tutta la tua famiglia. Si ha paura per sé stessi e per i propri cari. Ti senti responsabile di aver portato a casa un ospite indesiderato, ma poi capisci che devi trovare la forza per andare avanti. Io carissimi ragazzi l’ho trovata e non solo grazie alla mia famiglia e agli amici, ma anche alla scuola. Mi sono ritrovata nuovamente insieme ai miei compagni a lavorare in DAD e questo mi ha permesso di superare la cosa. Lo so, non sarebbe giusto mitizzare: lavorare in DAD non è la stessa che lavorare in classe, manca il contatto e l’affetto delle persone con cui  sei abituata a condividere il tempo, ma non sarei obiettiva se non ammettessi che oggi la tecnologia ci permette di poter usufruire di tanti vantaggi.

Oggi a distanza di qualche mese, cari amici, vi invio questa lettera  e spero che quando vi giungerà, il 2020 sia solo un brutto ricordo, raccontato ormai in un paragrafo del vostro libro di storia. Spero che ogni mattina, vi possiate incontrare davanti la scuola, darvi la mano, andare incontro ai vostri insegnanti per  essere accolti con i consueti  gesti cordiali che vi fanno capire che in quell’istituto trovate la vostra seconda famiglia che vi sostiene e vi ama.


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